La coltivazione del mandorlo nel nostro Paese ha un’antica tradizione.
E’ una coltura arborea originaria dall’Asia Centrale, che fu introdotta in Sicilia ad opera dei Fenici, in tempi assai lontani. Dall’Italia, poi, si diffuse in tutti i paesi del Mediterraneo, in particolare in Spagna e Francia. Furono gli Spagnoli a far sbarcare l’albero di mandorle in America, precisamente nel XVI secolo. Gli Stati Uniti, in particolare la California, sono attualmente il primo produttore mondiale.
Nel nostro Paese le mandorle si possono coltivare a qualsiasi latitudine, anche se sono le regioni meridionali (Sicilia e Puglia su tutte) a registrare la presenza del maggior numero di mandorleti.
La coltivazione del mandorlo può dare grandi soddisfazioni anche con pochi alberi coltivati. Questa pianta, infatti, è molto generosa, ancorché rustica. Coltivare le mandorle, dunque, è possibile anche su piccola scala, nel frutteto familiare. I dovuti accorgimenti e le tecniche corrette le illustreremo oggi in quest’articolo.
Inquadramento botanico del mandorlo
Il mandorlo è una specie arborea appartenente alla famiglia botanica delle Rosaceae, sottofamiglia Prunoideae.
Ulteriore classificazione scientifica è quella che identifica le diverse specie.
Attualmente si distingue il mandorlo dolce, Prunus dulcis, dal mandorlo amaro, Amygdalus communis o Prunus amygdalus.
Altri autori suddividono la specie Prunus dulcis, in altre sottospecie, variabili a seconda delle caratteristiche dei frutti.
Per cui avremo:
- Prunus dulcis var. sativa, che comprende la maggior parte delle varietà coltivate. Il seme è dolce e l’endocarpo duro
- Prunus dulcis var. amara, con frutti amari per la presenza di una sostanza amarognola, l’amigdalina
- Prunus dulcis var. fragilis, che comprende le varietà con seme dolce ed endocarpo fragile.
A prescindere dalla diverse denominazioni botaniche, possiamo affermare che la coltivazione del mandorlo è tra le più antiche realizzate dall’uomo. Ne sono state rinvenute tracce già nella prima parte dell’Età del Bronzo, dal 3000 al 2000 a.C.
La pianta viene citata in scritture degli Assiri e dei Babilonesi, le prime civiltà conosciute. Resti di mandorle furono rinvenute nella tomba del famoso faraone egiziano Tutankhamon, ad attestare quanto gli Egizi conoscessero e apprezzassero questo frutto. Per via dell’elevato valore nutritivo e della sua capacità di conservarsi nel tempo, avevano deciso di importarlo, probabilmente dall’Oriente.
Caratteristiche dell’albero di mandorle
Il mandorlo è una pianta molto longeva e può superare il secolo di vita senza problemi. Di solito entra in produzione a partire dal quinto anno, raggiungendo la massima produttività dopo 20-50 anni.
E’ un albero di sviluppo medio, che non supera i 10 metri di altezza.
Il suo apparato radicale è molto esteso, può occupare, infatti, uno spazio anche di 3/4 volte superiore alla chioma. Le radici, anche in terreni difficili, riescono a raggiungere un metro e più di profondità. Questa caratteristica gli consente di essere coltivato anche in terreni poveri e difficili, di scarso valore per le altre colture.
Il tronco, nei primi anni di vita, è liscio e dritto, di colore grigio chiaro. Poi, con il passare degli anni, la forma diventa più contorta, la superficie screpolata, il colore grigio-scuro.
La ramificazione è fitta, di un marrone tendente al grigio.
Il mandorlo fruttifica sui rami dell’anno e sui mazzetti di maggio. Le ramificazioni dell’annata portano sia gemme a fiore che a legno.
Le foglie sono caduche e di forma lanceolata, con margini seghettati e lunghe oltre 10 cm. Sono lucide nella pagina superiore, più opache in quella inferiore. Hanno un colore verde intenso e sono molto simili a quelle del pesco.
La fioritura
Il mandorlo è uno degli alberi che in natura fiorisce per primo. A seconda della varietà, le prime fioriture si hanno già nel mese di febbraio, prima ancora che sull’albero compaiano le foglie. La fioritura è abbondante e ornamentale. I fiori hanno colorazione bianco-rosata, sono ermafroditi e sono costituiti da 5 petali.
Gran parte delle varietà presenti è autosterile, con fenomeni di autoincompatibilità. Per questo motivo, nella coltivazione del mandorlo, è necessario piantare diverse cultivar compatibili tra di loro. E’ necessaria, dunque, la presenza dell’impollinatore, un po’ come avviene per l’albero di fico.
L’impollinazione è entomofila, ossia operata dalle api e altri insetti pronubi. Di frequente, per migliorare l’impollinazione, si sistemano delle arnie in mezzo al mandorleto in fiore. Si crea così uno scambio: le api aiutano l’impollinazione e l’albero assicura loro il polline in un periodo dell’anno scarso di altre fioriture.
I frutti
I frutti della coltivazione di mandorlo, ovviamente sono le mandorle. Si tratta di drupe ovoidali, al più allungate, composte da un mallo verde e carnoso, solitamente peloso, a volte glabro.
Il mallo custodisce il guscio, denominato endocarpo, di consistenza legnosa e superficie bucherellata. Il guscio può essere duro o fragile.
All’interno del guscio si trovano i semi (mandorle) commestibili, ricoperti da una sottile pellicina (tegumento) di colore bruno-rossiccia. Questo seme è formato da due cotiledoni bianchi uniti tra loro, che contengono tra l’altro, molto olio.
Le mandorle giungono a maturazione dalla fine di agosto e per tutto il mese di settembre. Quando la maturazione è avvenuta, il mallo, diventato coriaceo, si apre e lascia cadere il guscio. Dunque i frutti vengono raccolti man mano che cadono.
Per agevolare la raccolta è opportuno sistemare sotto l’albero delle reti come queste, uguali a quelle utilizzate per la raccolta delle olive.
La riproduzione del mandorlo
L’albero di mandorle si riproduce principalmente da seme (via sessuata) o da innesto (via vegetativa).
L’uso del seme è a tutt’oggi una tecnica diffusa, in grado di far cresce alberi sani e rigogliosi. Questo tipo di tecnica ha consentito nel tempo di mantenere in vita le varietà locali.
Il seme viene usato inoltre per produrre i portainnesti franchi, quelli più utilizzati per la riproduzione vegetativa nel frutteto domestico.
Il portainnesto franco da seme si ottiene sia da mandorle dolci, che amare. E’ capace di adattarsi a terreni difficili, molto aridi. Inoltre, ha un’ottima affinità d’innesto con le diverse varietà, dando vita ad alberi di mandorle vigorosi e longevi.
Altri portainnesti diffusi sono:
- GF 677, quello più usato nei grossi mandorleti. Si adatta bene a vari tipi di terreno, ad eccezione di quelli molto argillosi. E’ utilizzabile sia in coltura irrigua che asciutta. Induce forte vigore, rapida entrata in produzione ed elevata produttività.
- PS A6, questo portainnesto altro non è che il franco dal seme di pesco. E’ un portainnesto vigoroso, che garantisce una rapida entrata in produzione. E’, però, meno resistente alla siccità ed è più sensibile alle malattie, per cui viene utilizzato solo nei mandorleti irrigui.
Varietà di mandorli
Nella coltivazione del mandorlo grande importanza riveste la scelta della varietà. Questa viene effettuata sulla base di diversi fattori, due su tutti: la precocità della fioritura e la fertilità dei fiori.
Vediamo quali sono le principali:
- Tuono. Varietà a fioritura medio tardiva e autofertile, con produzione elevata. La mandorla è dolce e gustosa, di buone dimensioni (4-5 g).
- Falsa Barese. Ha una fioritura tardiva e autofertile, con produzione elevata e costante. Viene raccolta nella terza decade di settembre. Ha il difetto però di produrre mandorle poco attraenti.
- Fascionello. Questa varietà ha fioritura medio-precoce e autosterile. Gli impollinatori sono Ne Plus Ultra o Pizzuta d’Avola. Ha, inoltre, una produttività media e viene raccolta nella prima decade di settembre.
- Pizzuta d’Avola, con fioritura precoce e autosterile. L’ impollinatore è la varietà Fascionello. Produttività medio-scarsa, raccolta nella prima decade di settembre. Mandorla molto saporita e dall’aspetto attraente.
- Genco. Ha una fioritura tardiva, autofertile, una produzione elevata e costante. La raccolta avviene nella fine del mese di settembre.
- Ferragnes. Con fioritura medio-tardiva e autosterile. Gli impollinatori sono: Falsa Barese, Genco, Tuono e Ferraduel. Ha una produttività elevata e viene raccolta nella prima parte di settembre. Produce mandorle ottime per dimensione e forma.
- Ferraduel. Varietà con fioritura tardiva e autosterile. L’ impollinatore è la varietà Ferragnes. Produttività elevata e molto resistente al freddo.
- Filippo Ceo, a fioritura tardiva e autofertile. Produzione elevata e costante, raccolta a inizio settembre, questa varietà è idonea per la produzione di farina e pasta di mandorle (che potete acquistare qui e qui).
- Fra Giulio Grande. Fioritura media e autosterile. Gli impollinatori sono le varietà Ferraduel o Ferragnes. La raccolta avviene nella prima decade settembre. La produttività è media.
La coltivazione del mandorlo
Esigenze climatiche
L’albero di mandorle è coltivato da nord a sud nel nostro Paese, anche se predilige il clima mediterraneo. Il problema della zona di coltivazione si può riscontare con le varietà a fioritura precoce. Queste, infatti, soffrono il gelo e il forte vento freddo, fattori che danneggiano inevitabilmente la fioritura. L’ideale, per la coltivazione del mandorlo, sono le zone di collina, dove c’è una buona areazione e meno gelate.
In generale, è una cultivar che sopporta bene la siccità e il caldo eccessivo, ma teme l’eccesso di umidità. Nelle zone più fredde conviene piantare l’albero in una posizione soleggiata e riparata dai venti.
Terreno e irrigazione
Il terreno ideale per la coltivazione del mandorlo è quello soffice, dotato di una discreta fertilità e un po’ calcareo. Tuttavia, come abbiamo visto, è un albero rustico, che si adatta anche in terreni aridi e poveri. Ciò che rifugge sono i terreni compatti, argillosi e umidi.
Come accennato, sopporta bene la siccità, non ha bisogno d’irrigazione e si accontenta delle precipitazioni naturali. Tuttavia, un periodo troppo prolungato di caldo e siccità può provocare disidratazione dei semi, le cosiddette “mandorle monache”. In questo caso è bene intervenire con qualche irrigazione di emergenza.
Anche la scelta del portainnesto influisce su questo fattore, il franco da seme di pesco, ad esempio, è meno adatto alle coltivazioni in assenza d’irrigazione.
Messa a dimora, forma di allevamento e sesto d’impianto
La messa a dimora di una giovane pianta di mandorlo si esegue in autunno o sul finire dell’inverno. La forma di allevamento più diffusa nel frutteto familiare è quella a vaso, con un’impalcatura media.
Questa forma accompagna la crescita naturale dell’albero e la si ottiene facendo sviluppare 3-4 branche principali, a partire da 70-80 cm da terra (impalcatura).
Il sesto d’impianto prevede in media una distanza di 6×6, ossia 6 metri tra le file e tra le piante. Queste distanze possono diminuire scegliendo portainnesti meno vigorosi.
Concimazione
La coltivazione del mandorlo non richiede un eccessivo impiego di concimazione organica. Una buona concimazione di fondo con letame maturo va effettuata all’impianto e ogni 2 anni. Se non si dispone di letame si può altresì usare il risultato del compostaggio domestico o l’humus di lombrico.
L’operazione di concimazione si effettua a fine inverno, prima della piena ripresa vegetativa.
Gestione del suolo
Nella coltivazione del mandorlo in biologico, grande attenzione va posta alla corretta gestione del suolo. A questo riguardo la non lavorazione del terreno e l’inerbimento tra le file sono tecniche molto diffuse nei mandorleti biologici.
Per i primi 2 anni dopo l’impianto il terreno viene lavorato.
A partire dal terzo anno, invece, viene seminata una coltura erbacea o vengono lasciate sviluppare le erbe spontanee.
Dopo che le erbe sono andate a seme, il tappeto erboso viene sfalciato molto basso per ottenere un manto pulito, in modo da agevolare le operazioni di raccolta di fine estate.
Potatura del mandorlo
La potatura del mandorlo si effettua nei mesi di febbraio e marzo, seguendo le regole generali della potatura.
E’ un albero che non ha bisogno d’interventi drastici e continui, giacché fiorisce su rami di un anno e non richiede potature regolari.
Nell’anno successivo all’impianto è opportuno lasciare che la pianta cresca in modo naturale.
Negli anni seguenti, per mantenere il portamento armonioso dell’albero, basta spuntare un po’ i rami più vigorosi, quelli che fuoriescono dalla sagoma e togliere, infine, i piccoli rami che si incrociano all’interno della cima.
Parassiti ed avversità
Il mandorlo è una pianta molto rustica, che non soffre in modo particolare gli attacchi di parassiti. Questo è vero in particolare per i frutti, protetti dal mallo e dal forte guscio.
Usando la tecnica dell’inerbimento, inoltre, si favorisce la biodiversità e la presenza dei predatori naturali degli insetti dannosi.
In linea generale i parassiti del mandorlo sono gli stessi di quelli del pesco, di cui vi abbiamo parlato in un predente post, a cui rimandiamo.
Conclusioni
Siamo giunti alla fine di questo lungo articolo sulla coltivazione del mandorlo. Visto che si parla di un frutto tanto amato, vi diamo appuntamento a un futuro approfondimento che parlerà delle proprietà alimentari delle mandorle.